Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2011.
di Luca Mori.
Quando si parla di “complessità”, più che ad una teoria si fa infatti riferimento ad un orizzonte epistemologico in cui diventa possibile – non senza conflitti teorici tra approcci differenti – guardare ai fenomeni naturali ed umani da punti di vista che restano preclusi a chi aderisce in modo rigido ad alcuni assunti dell’epistemologia “moderna”: tra questi ultimi, in particolare, il libro qui recensito mette in discussione la concezione dei fenomeni naturali secondo il paradigma del meccanicismo, con l’analogia tra organismi e macchine (e la correlata immagine della natura come deposito e discarica a disposizione delle attività economiche umane); il dualismo tra mente e corpo e, di riflesso, tra natura e cultura; la dissociazione tra osservatore ed eventi osservati (con l’idea che l’osservatore possa collocarsi per così dire all’esterno delle proprie mappe, per confrontarle con il territorio e perfezionarle fino a trasformarle in copie perfette del territorio); l’ipotesi riduzionistica, secondo cui la meccanica, come scienza delle traiettorie e delle relazioni pienamente determinabili, componibili e prevedibili tra cause ed effetti, costituisce il modello della certezza scientifica ed il termine di riferimento per valutare la maggiore o minore scientificità dei saperi umani.
Come evidenziato nell’Introduzione dai curatori del volume, «la teoria della complessità rappresenta oggi il linguaggio più ricco e adatto per studiare e capire il funzionamento e i comportamenti di oggetti e fenomeni solo in apparenza molto disparati, quali alberi, nuvole, dune, battiti del cuore, stormi d’uccelli e branchi di pesci, ma anche fenomeni catastrofici come terremoti, epidemie, lingue che spariscono e tumori che si diffondono nel corpo» (p. 13). Ciò è possibile perché, nella prospettiva della complessità, i fenomeni naturali sono studiati in termini di sistemi e di reti, le cui organizzazioni e strutture evolvono interagendo nello spazio e nel tempo scambiando materia ed energia con l’ambiente secondo dinamiche non lineari, dando origine a patterns e proprietà emergenti che non sono la mera sommatoria delle proprietà degli elementi dei sistemi presi in considerazione e che presentano interessanti isomorfismi tra “livelli di realtà” e “scale” differenti: si incontrano così concetti (ad esempio, auto-organizzazione, organizzazione, struttura, soglia critica, entropia, ecc.) che possono attraversare i livelli descrittivi della fisica, della biologia e della sociologia e che, in generale, mettono ogni volta in gioco la storia dei sistemi e la posizione dell’osservatore.
Di molti “sistemi” si può dire che sono complessi: della cellula, di un qualunque organismo vivente, del cervello, delle società, degli ecosistemi e così via; ma i temi della complessità si presentano anche quando si tratta del mondo non vivente (ad esempio considerando strutture dissipative come le celle di Bénard) o quando si affrontano questioni relative all’intreccio tra tutti i sistemi precedentemente elencati, come accade giustappunto allorché si riflette sul paesaggio, tema che diventa in questo libro centrale per la riflessione sulla complessità. Il che costituisce un altro motivo di originalità del lavoro, i cui contributi concorrono ad avvalorare la tesi così riassunta da Mario Neve nel suo articolo Il remo e lo stampo (pp. 283-315): «Il paesaggio, da concetto originariamente estetico e divenuto in geografia concetto scientifico (Farinelli, 2003), è per questo un vero concetto-chiave della complessità, in cui tutte queste dinamiche emergono e si mostrano con chiarezza, e non a caso è stato posto al centro di una teoria della vivibilità basata sull’enactment (Varela, Thompson, Rosch, 1993)» (p. 303).
I diciannove articoli del libro affrontano da angolature differenti i temi della complessità, distribuendosi in quattro ampie aree tematiche: complessità della natura e degli ecosistemi, complessità delle forme e del mondo vivente, complessità del paesaggio e complessità delle relazioni tra arti e tecnica. Volendoli collocare disciplinarmente, gli autori appartengono a molti mondi: fisica, chimica, biologia, biotecnologie, ecologia, zoologia, ingegneria, architettura, matematica, geografia, filosofia, storia, arte, sociologia, antropologia: nella diversità degli approcci, li accomuna l’intento di contribuire ad elaborare una visione dell’uomo e del suo posto nel mondo in termini di complessità e il correlato tentativo di evidenziare le implicazioni sociali e politiche di tale visione, che diventa urgente e necessaria se si vogliono affrontare in modo sufficientemente buono i conflitti sottesi alle emergenze contemporanee della vivibilità e della sostenibilità.
Altra caratteristica originale del volume è quello di aver sollecitato ed accolto interessanti tentativi di “sconfinamento”, invitando ogni autore, “specialista” di una qualche disciplina, a prendere posizione su questioni generalmente riservate a “specialismi” altrui: sconfinamenti temuti ed evitati dalla normale prassi e dalla cautela accademica, ma che in questo caso – grazie anche allo spessore degli autori coinvolti – hanno dato origine a scritti ricchi di spunti e suggestioni.
È il caso, ad esempio, del contributo che apre il volume, in cui il fisico Giorgio Turchetti scrive su Meccanica, sistemi dinamici, complessità: dagli atomi agli automi, il passaggio al vivente e forse al pensante (pp. 28-53): quando il fisico si pronuncia sul passaggio dalla materia non vivente al vivente e al pensante, cammina lungo i margini della propria disciplina incontrando anzitutto concetti, temi e modelli della biochimica e della biologia, e nel saggio è chiaro come possa essere d’aiuto in questa operazione il riferimento all’orizzonte epistemologico della complessità, in cui si ragiona in termini di sistemi dinamici, di informazione, di modellizzazione attraverso reti di automi di von Neumann interagenti, senza peraltro presumere di poter «trovare leggi universali per i sistemi complessi» (p. 32). Il punto, come scrive Turchetti, è che «lo studio dei sistemi complessi richiede […] gli strumenti ed i paradigmi di diverse discipline quali la Fisica, la Teoria dell’Informazione e la Biologia. Infatti anche se la biologia molecolare sembra avere riproposto con forza anche nelle scienze della vita il riduzionismo tipico della fisica, tuttavia già lo studio delle reti geniche mostra che le interazioni tra una molteplicità di componenti sono così variegate, che per ora la decodifica delle funzioni principali può avvenire solo su base statistica. Questo principio vale ogni volta che in un sistema si formano strutture con proprietà nuove rispetto ai costituenti elementari» (pp. 44-45).
Un altro esempio degli sconfinamenti di cui si è detto è il contributo del fisico F. Tito Arecchi (Dinamica della cognizione: complessità e creatività, pp. 55-88), che facendo il punto sulla possibilità di simulare e automatizzare in un computer le operazioni fatte all’interno di un codice dato, propone una concezione della creatività come «procedura non algoritmica, in quanto guidata da suggerimenti non formalizzati nel codice precedente, e pertanto non accessibili al computer» (p. 55), introducendo poi la nozione di “spirale ermeneutica”, in un confronto esplicito con il tema filosofico del circolo ermeneutico.
Guardare alla natura dell’uomo e pensare azioni e relazioni umane divenienti alla luce dell’orizzonte epistemologico della complessità aiuta a rivedere assunti e implicazioni di dibattiti importanti nel campo delle cosiddette “scienze umane”, a partire dall’abbandono dell’idea che tali scienze rappresentino un dominio separato e a sé stante del sapere, relativo ad un insieme di fenomeni dello spirito che non hanno nulla a che fare con i fenomeni della natura. Alcuni contributi del libro mostrano ad esempio le implicazioni della complessità per la revisione dei concetti di “identità”, “cultura” e “civiltà”. In tal senso sono esemplari gli scritti di Anna Maria Medici, Mediterraneo planetario (pp. 351-393), che mette in discussione la nozione di civiltà comunemente utilizzata per la costruzione di narrazioni identitarie forti, e il contributo di Claude Raffestin (Il tempo come scultore dei luoghi, pp. 327-350) sul rapporto tra appartenenze culturali, pratiche umane e luoghi, discusso con il riferimento al caso di studio della Via Svizzera.
Tutti i contributi del libro meriterebbero una recensione dedicata, ma limitandoci in queste pagine ad una visione d’insieme è importante sottolineare altre due cose.
In primo luogo, il libro si rivolge ad un lettore attento e desideroso di confrontarsi con un’elaborazione teorica raffinata ed impegnativa. Non si tratta dunque di un libro “divulgativo”, ma di un libro di ricerca, che ospita l’elaborazione di proposte teoriche anche molto articolate, che presuppongono una buona dimestichezza con le nozioni ed i temi affrontati; ciò non toglie, tuttavia, che distribuite tra i vari articoli si possano incontrare pagine in cui nozioni e questioni della complessità sono esposte con una limpidezza tale da garantire una visione perspicua anche a chi affronta tali argomenti per la prima volta.
In secondo luogo, i contributi del libro concorrono ad evidenziare quanto la sfida della complessità sia cruciale oggi per riflettere sulla sostenibilità e sulla vivibilità, sollecitando una concezione dell’economia umana inserita nella biosfera e negli ecosistemi che Homo concorre a trasformare ed in cui vive trasformandosi, secondo dinamiche di causalità circolare e ricorsiva. Considerando le dinamiche evidenziate dagli studi sulla complessità e gli indicatori adeguati a tenerne conto, si legge che le «istituzioni nazionali e regionali sono oggi confrontate alla necessità» di tradurre i principi teorici elaborati nell’orizzonte epistemologico della complessità «in un parametro operativo essenziale integrato in un programma credibile di governo dell’economia, dell’ambiente e della cultura» (p. 16). Dal libro infatti emerge che nelle ricerche sulla complessità è in gioco la possibilità di cambiare idea sul posto che l’uomo occupa nella natura e sulla trama che lo connette a tutti i sistemi e gli ambienti con i quali interagisce e diviene, con tutte le implicazioni sociali, economiche e politiche che potrebbero conseguire da tale cambiamento di idea.
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