base

home/documenti/recensioni

Andrea Cozzo, Conflittualità nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa

Mimesis, Milano, 2004

Recensione di Antonio Castagna


copertinaAndrea Cozzo è un ricercatore di lingua e letteratura greca presso l’Università di Palermo da anni impegnato a promuovere seminari e gruppi di studio sulla nonviolenza e sulla gestione creativa dei conflitti all’interno della sua Facoltà. Negli ultimi tre anni ha dato vita al Laboratorio di teoria e pratica della nonviolenza.
Uno dei meriti del libro è quello di presentare la nonviolenza come una pratica più diffusa della violenza, rovesciando la percezione diffusa della violenza e la guerra come motori della storia. La nonviolenza, secondo l’autore, è anche più razionale, riduce i rischi, limita le perdite, favorisce il confronto.
Il testo è una rassegna approfondita, informata e molto aggiornata delle teorie e delle pratiche della nonviolenza. È diviso in quattro capitoli.
Il primo sgombra il campo da confusioni terminologiche e di significato.

Nel secondo lunghissimo capitolo, Cozzo presenta la prospettiva della nonviolenza come scelta etica. Si sofferma a lungo sulle posizioni gandhiane, sulla nozione di satyagraha, cioè sul legame tra nonviolenza e verità (ahimsa), e sui legami tra tali posizioni e la religione. La nonviolenza emerge come pratica che mette in gioco i corpi e la responsabilità degli individui, che si oppone in maniera conflittuale all’azione e non all’agente, favorendo così l’apertura dell’altro al dialogo. Cozzo parla in chiusura dell’amore da portare al prossimo, anche quando ci fa del male, e qui ci dice una cosa importante: “amare il prossimo vuol dire che sbaglia in lui qualcosa di noi”; sottolineando così l’umanità profonda del carnefice che nella percezione comune spesso neghiamo quando evidenziamo la disumanità e la bestialità dell’altro.
Il terzo capitolo affronta il tema della nonviolenza culturale. Si concentra sull’analisi delle strutture di linguaggio e disciplinamento, direbbe Foucault, nelle quali siamo immersi tanto da non accorgerci della violenza e della coercizione che esercitano. Cozzo fa riferimento in particolare al rapporto educativo e alla scuola, ai mass media, alla scienza.
Il quarto capitolo presenta infine una rassegna delle pratiche di mediazione in diversi campi, dalla diplomazia popolare alla mediazione scolastica e la mediazione tra coniugi divorziati.

Il libro ha il merito di considerare la nonviolenza applicata a molti campi: al linguaggio interpersonale, a quello mediatico, alla relazione con la natura, alla politica. Permette di mettere in evidenza gli aspetti problematici del nostro rapporto con il mondo, mediati da un’aggressività che spesso non riconosce l’altro come limite e possibilità a un tempo e che quindi si esprime in forme non elaborate e non dialogiche. Tuttavia, nel suo buonsenso, tende a non problematizzare abbastanza le ragioni che ci spingono verso comportamenti inadeguati, poco inclini all’incontro e all’ascolto reciproco. Così, mentre lascia intravedere le molteplici possibilità applicative della pratica nonviolenta, lascia anche molte domande sospese. Cozzo infatti sembra non riconoscere abbastanza il ruolo dell’aggressività nella costruzione del conflitto e non si chiede come mai, benché la nonviolenza sia più razionale della violenza, spesso cadiamo comunque nella violenza.


Stampa il documento


Segnala questo testo ad un amico