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Avere ragione
ovvero
Il lavoro dello spettatore su se stesso

di Roberto Scarpa (Luglio 2006)

Roberto Scarpa, direttore della didattica del Teatro Verdi di Pisa, parte dalla domanda “cosa significa avere ragione” e in particolare “cosa significa, se significa qualcosa, avere ragione in teatro? E chi è che ha ragione in teatro?”
La riflessione si ampia connettendosi al ruolo del teatro e a che cosa possa servire una istituzione così in crisi nel mondo d’oggi.
Quando ci capita, infatti, nei riguardi di un oggetto, un’istituzione, un fenomeno, di chiederci se serve a qualcosa, ciò può dipendere da due motivi: siamo in presenza di qualcosa che è completamente nuovo e che non conosciamo, oppure siamo davanti a qualcosa di antico, di cui abbiamo dimenticato il significato. In entrambi i casi ciò che abbiamo davanti non serve a niente: in un caso non serve ancora, nell’altro non serve più. A che cosa serve il teatro allora?
Attraverso Eschilo, Shakespeare, Pirandello fino al sociologo contemporaneo Bauman, Scarpa ci accompagna alla riscoperta dei significati del gioco teatrale. Quando facciamo (faremo) teatro, che il nostro ruolo sia quello dell’attore oppure quello dello spettatore non fa differenza, noi giochiamo al gioco della messa in scena (messa in assemblea secondo una felice espressione di Cormann) delle nostre storie: un gioco che possiamo definire anche come la costruzione dell’umano.
Un gioco, il teatro, forse l’unico, in cui ciascun partecipante deve (dovrà) appartenere contemporaneamente a due squadre: alla squadra degli attori o a quella degli spettatori, e, contemporaneamente, anche alla più grande squadra di tutti coloro che saranno convenuti in quello spazio, in quella precisa ora, per fare tutti assieme teatro: l’assemblea teatrale.
Fare teatro, è quindi quel gioco la cui regola principale stabilisce che in palio non c’è la vittoria; in cui vincere significa fare qualche cosa di ben fatto assieme alla squadra avversaria; quel gioco in cui vincere è sinonimo di buon lavoro fatto assieme; un gioco, quindi che ridefinisce i concetti di vincere, perdere e avere ragione.

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