di Sabrina Taddei / scritto il 30-09-2006
La fabbrica creava alienati,quelli alla Charlie Chaplin di “Tempi moderni”che continuavano a stringere un bullone anche quando era suonata la sirena dell'uscita. Il Call center alleva gli alienati contemporanei.
Ritmi di lavoro frenetici e perenne incertezza sul futuro sono le condizioni che governano questo ruolo professionale.
“Per andare in bagno devono attendere che scatti il semaforo verde. Tra una telefonata e l'altra non c'è riposo, neanche un minuto. E ogni volta che si prende in mano la cornetta un contatore avverte quando è ora di chiudere la comunicazione, un controllore "anonimo", ma infallibile, che misura l’efficienza.”
I nuovi Cipputi sono loro, gli operatori di Call center, 250mila persone in tutta Italia, dei quali molti lavorano al Sud, perché è lì che le aziende, in tutto 700, trovano conveniente installare i Call center. Rispondono al telefono in media per cinque ore al giorno, secondo un'indagine di Rifondazione comunista, guadagnano tra i 5 e i 7 euro l'ora, all'azienda ne costano 9-10 euro se la lavorano a progetto, 16 se hanno un contratto a tempo indeterminato.
Sono per lo più giovani tra i venti e i quarant’anni e quasi tutti hanno un titolo di scuola media superiore, qualcuno è laureato. Sono assillati, secondo l'indagine, da mobbing, ripetitività delle mansioni, mancanza di prospettive e condizioni ambientali di lavoro discutibili.
Subiscono pressioni di ogni genere. Dalle ferie negate, al consiglio di non ammalarsi, per non rischiare la mancata riconferma, alle chiamate per Pasqua, Natale, e mesi estivi.
Fanno tutti la stessa cosa, parlano al telefono ma con una sottile differenza: gli inbound rispondono alle domande delle persone che telefonano e gli outbound chiamano per sottoporre domande per indagini di mercato. I primi, secondo l'ultima circolare del ministero del Lavoro, possono aspirare a un contratto a tempo indeterminato. Gli altri, invece, potrebbero essere inquadrati anche come lavoratori a "progetto". Una distinzione che fa una certa differenza, ma tutti "schiavi elettronici della new economy" con contratti di lavoro, grazie alla legge Biagi, dove un comma recita: "gravidanza, malattia e infortunio sono causa di sospensione del rapporto di lavoro".
Analizzando questo caso mi sovviene una delle espressioni di Hanna Arendt rivolta agli esseri umani che è “diritto di aver diritti” con la quale ci segnala innanzitutto il diritto inalienabile di azione dei cittadini per rendere democratica la società e il riconoscimento dell’altro come fonte ineliminabile della nostra esistenza e della nostra emancipazione.
Il contesto professionale dovrebbe essere il luogo principe dove ognuno di noi esprime le proprie capacità e il riconoscimento del proprio valore permette di innescare un processo di evoluzione di sè. Dovrebbe permetterci di sentirci parte di una comunità di uomini e donne che cooperano per la realizzazione di un progetto nel mentre valorizzano le peculiarità dei singoli. Queste opportunità sono in questo caso negate, come negate sono le possibilità di confliggere e di negoziare la propria posizione e autonomia, perpetuando l’indifferenza e la massificazione.
(Sabrina Taddei)