di Ugo Morelli e Carla Weber / scritto il 30-07-2006
Il Corriere della sera di domenica 30 luglio 2006 ospita un editoriale di Francesco Gavazzi, dal titolo “Togliere il pane agli affamati”, che è un esempio di giornalismo efficace. Si riesce ad entrare dietro le quinte dei cosiddetti aiuti e sovvenzioni all’agricoltura, riconoscendo come un certo modo di gestire i conflitti tra ricchi e poveri sia di fatto un rinforzo dei meccanismi di disuguaglianza che portano i poveri ad essere sempre più poveri e i ricchi ad essere sempre più ricchi. Anzi la povertà diviene fonte di ricchezza ulteriore per i ricchi. La dovizia dei dati evidenzia chiaramente come sia l’indifferenza il modo praticato di gestione del conflitto. Basterebbe il riferimento alla quantità di aiuti annui che gli Stati Uniti riversano sui propri agricoltori ( 20 miliardi di dollari, un po’ più del reddito nazionale del Kenya), per comprendere l’effettiva natura della pratica dell’indifferenza. Importante è poi riconoscere che anche in Europa quello che si chiama il sostegno all’agricoltura non ha a che fare con interventi a favore di piccoli agricoltori e del tessuto storico sociale che essi rappresentano, ma è il modo, la via, per drenare verso interessi privatissimi o di singoli individui bene in vista o di multinazionali risorse provenienti da fonti pubbliche. Gavazzi chiarisce con tutta evidenza come questa perversione sia l’esito dell’assenza o dell’inconsistenza del ruolo di soggetti terzi come l’ONU o l’Organizzazione mondiale del commercio, che, soli, potrebbero orientare e sostenere l’elaborazione del conflitto in rapporti così asimmetrici, in una direzione diversa dalla evidente indifferenza praticata e perpetuata. Oltre gli aspetti politico economici, quanto accade parla anche di un sentimento del tempo, la crisi della funzione della vergogna nelle scelte e nei comportamenti. Viene da chiedersi, infatti, come sia possibile che chi fruisce di vantaggi decisamente sproporzionati, segno di un’evidente arroganza, non venga scosso dalla vergogna.
(Ugo Morelli e Carla Weber)