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Muri globali, muri locali

di Ugo Morelli / scritto il 08-11-2009

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Che significa oggi, per un mondo locale come il nostro, autonomo e sufficientemente capace di riconoscersi nelle proprie istituzioni e nella propria storia, un anniversario come quello della caduta del muro di Berlino, avvenuta venti anni fa?
La trasformazione del mondo in questi venti anni non poteva essere più profonda. Basta parlare con un diciottenne per rendersene conto. Quella che si chiama cosmologia, il modo cioè in cui ognuno di noi pensa il mondo, è talmente cambiata da essere in certi casi incomunicabile. Il salto di qualità più evidente è avvenuto nello spazio di vita percepito, nel modo di intendere il mondo in cui riteniamo di vivere. Quello spazio di vita si è allo stesso tempo allargato fino alla vertigine e ristretto fino all’asfissia. Ma come?, si potrebbe dire, si è allargato o si è ristretto? Sono forse accadute entrambe le cose. Il muro divideva il mondo, i paesi e le menti in due. Ogni ragionamento aveva una tesi e un’antitesi, esisteva l’economia liberale e quella pianificata; il regno del bene e il regno del male a seconda da dove guardavi le cose; esisteva, soprattutto, il “nemico”, che era molto comodo per le nostre menti che hanno bisogno di rassicurazione. E poche cose rassicurano più della possibilità di separare nettamente il bene dal male, i buoni dai cattivi, i colpevoli dagli innocenti. Insomma era una “possibilità” quel muro!? Non fraintendiamo: era una ferita della storia; un segno dei limiti di comunicabilità tra gli uomini; un vincolo tremendo alla libertà. Per questo è giusta la festa ogni volta che cade un muro. La caduta del muro ha generato però un rinculo impegnativo della storia e delle coscienze. Si è verificato un esito inatteso, come se lo spazio che si è aperto fosse troppo ampio per la nostra capacità di abitarlo e tollerarlo. Le società locali di fronte allo spazio aperto del mondo intero si sono almeno in parte rinchiuse nella loro paura e si sono messe alla ricerca di soluzioni rassicuranti. Quelle soluzioni sono importanti e se ne comprende la ragione, ma la loro efficacia va misurata secondo un parametro apertura/chiusura. L’apertura è inevitabile e non è una scelta. Il senso del presente si genera nelle relazioni e l’altro è necessario per riconoscersi. Negare questo porta alla ricerca di forme di autonomia che sono di fatto forme di autosegregazione: per un muro caduto si rischia di crearne migliaia e le società locali, nell’illusione di proteggersi, si autoescludono. Per questo il miglior modo di celebrare il ventennale della caduta del muro di Berlino è l’attenzione da riservare, negli orientamenti e nelle scelte, al fatto che ogni società, oggi, per poter tutelare la propria distinzione locale deve valorizzare le proprie interdipendenze globali.

(Ugo Morelli)