di Antonio Castagna / scritto il 10-01-2010
È difficile intervenire sull’attualità. Ad esempio sull’episodio del Duomo di Milano che ha sfregiato il Presidente del Consiglio e sulle discussioni che ne sono seguite. Si rischia di mescolare le parole nell’ondata emotiva che ne segue e dunque di non riuscire a proporre una riflessione sufficientemente lucida.
Una cosa che mi ha molto colpito, dopo l’aggressione a Berlusconi, è stato l’invito ripetuto, venuto da più parti, ad abbassare i toni.
Abbassare i toni è un mantra. Il mantra basta ripeterlo e diventa efficace, come ci insegna efficacemente George Lakoff in “Pensiero politico e scienza della mente”. Se qualcuno, mettiamo il Presidente della Repubblica, dice che bisogna abbassare i toni, ognuno di noi e ognuno dei contendenti sulla scena politica può rispondere di sì o di no. Ma comunque risponda ha accettato il fatto che in questo momento i toni sono alti. Così, quasi automaticamente, passa in secondo piano che le questioni sul tappeto non riguardano il bon ton, quanto piuttosto contenuti spinosi e conflittuali per definizione. La costituzione ad esempio, le regole che un paese si dà per governarsi.
Piuttosto, un Presidente della Repubblica potrebbe accortamente invitare i contendenti a coinvolgere la popolazione in un dibattito che nessuno capisce. La democrazia infatti vive quando le maggioranze creano le condizioni per la loro sostituzione, per il cambiamento. Il cittadino non è un accessorio, e la cittadinanza non è data dalla possibilità di aderire o rifiutare, ma dal partecipare responsabilmente in un contesto di possibilità e regole definite.
Una caratteristica della politica italiana e dei suoi toni elevati è che questa lascia il cittadino al margine. Non conta niente come portatore di diritti, non ha obblighi e doveri verso il resto della comunità. Ad esempio non ha praticamente l’obbligo, tranne i lavoratori dipendenti, di pagare le tasse. Abbassando i toni, l’unica cosa che cambia è che invece di strillare contrapponendo a una cornice del tipo “le riforme sono necessarie”, una assolutamente perdente “le riforme non sono necessarie”, maggioranze e opposizione finiscono per affermare una cornice “state tranquilli stiamo lavorando per voi”.
Io però sono anni che non riesco a capire che paese hanno in mente di costruire. Il che ha come conseguenza che continuo a chiedermi come cavolo diventerà questo paese in futuro, mentre intanto il paese è già diventato un’altra cosa, e cioè un posto con un sacco di gente che si chiede come diventerà questo paese in futuro. Il che ha come conseguenza, ma lo dico abbassando i toni, che il paese intanto si è trasformato. Se prima un certo numero di cittadini si impegnava a immaginare un futuro. Dopo, quegli stessi cittadini, hanno cominciato a chiedersi chissà come sarà il futuro. Oggi, ma a toni sempre più lievi, si dicono chissà… e nel frattempo dimenticano cosa si stavano chiedendo e allora abbassando la voce, quasi in un sussurro, ma forse non era niente di importante e non avevo in mente nessuna domanda, sssshhhh, più basso, quasi sospirando, quegli stessi cittadini, che siamo noi, cambiamo discorso, sempre troppe domande, sssshhhh, un po’ di relax ogni tanto, abbassare, abbassare ancora un po’, un filo di meno, dove eravamo rimasti, non ricordo più... ah sì, il relax dicevamo, regolarizziamo il respiro, parliamo a voce bassa, abbassa, abbassa ancora un po’, ecco arriva, sento già che mi si chiudono le palpebre. Sommessamente, cerco con gli occhi una coperta che mi tenga caldo, sssshhhh, eccola, ora finalmente posso dormire….
(Antonio Castagna)