di Ugo Morelli / scritto il 29-12-2005
Siamo una specie che ha bisogno di certezze. Mal tolleriamo di non sapere come stanno esattamente le cose. Forse anche per questo l’esercizio del dubbio è malvisto, soprattutto dai poteri costituiti. A questo bisogno di rassicurazione sacrifichiamo spesso la ricerca che potrebbe generare vie nuove e soluzioni vantaggiose. L’aspetto più critico di questa tendenza sta nel fatto che siamo prevalentemente orientati a semplificare e a ridurre ad un’unica prospettiva tutto ciò che si presenta come complesso. La nostra esigenza di certezze però non sempre produce scelte migliori. Dipende dalla natura dei problemi. Se siamo di fronte ad un problema semplice, la soluzione può essere lineare e soddisfare la nostra attesa di rassicurazione. Ma se dobbiamo affrontare questioni complesse, quell’atteggiamento teso a semplificare ci può fare brutti scherzi. Le questioni che quest’anno ci ha consegnato, dall’ambiente e l’aria, alle profonde trasformazioni del lavoro, alla ricerca e alla formazione, fino alla forte spinta all’internazionalizzazione dei nostri sistemi locali, ci hanno trovato troppo ancorati al bisogno di certezze e poco propensi all’innovazione. Accade molto spesso che si cerchi di persistere nelle scelte tradizionali ritenendo di tutelare la continuità. In quel modo di fatto si cerca di fermare il mondo. Intanto procedono cambiamenti improvvisati le cui conseguenze non sempre sono stimate con attenzione. Quello che più colpisce è che il vincolo all’innovazione sia espresso in particolare dalla società civile. Le principali resistenze al cambiamento sembrano venire proprio dagli orientamenti diffusi della gente. È come se si fosse creata una forte dipendenza dal sistema amministrativo e dalla sua forma autonomistica. A furia di intervenire in tutto e su tutto la dipendenza sembra essere diventata la forma prevalente dell’autonomia. E non è un gioco di parole. La dipendenza è soprattutto dipendenza dalla storia, ma anche dalle scelte che di volta in volta si fanno, confermando l’esistente anziché metterlo in discussione, anche quando sarebbe necessario. Allora si può ritenere che a farci difetto sia soprattutto l’esercizio del dubbio. Non sono stati pochi gli episodi, nel corso di quest’anno che si conclude, in cui di fronte alla manifestazione di dubbi da parte di qualcuno, su scelte anche importanti, anziché l’attenzione sia prevalsa la negazione. Se si vuole alimentare la ricerca del nuovo e far vivere il confronto è importante riconoscere che la democrazia è soprattutto discussione pubblica. L’autonomia dei cittadini e del pensiero libero è condizione dell’autonomia istituzionale e amministrativa. È opportuno allora rammentare un monito laico di un grande scienziato del ventesimo secolo, Heinz von Foerster: “Agisci per aumentare il numero delle scelte possibili”.
(Ugo Morelli)