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Quando praticare l'arte del possibile diventa possibile

di Antonio Castagna / scritto il 19-09-2005

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Tonino Perna è stato Presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte dal 1999 al 2004. Negli anni della sua gestione ha sviluppato diversi progetti che miravano al coinvolgimento delle comunità e al riconoscimento e valorizzazione delle risorse presenti sul territorio. In un’intervista a Roberto Camarlinghi, di “Animazione Sociale” si interroga sul senso che ha l’esistenza di un parco e di aree protette in un contesto come quello che stiamo vivendo. Dice infatti Perna: “Che senso ha oggi pensare di contrastare il degrado ambientale istituendo altre aree protette o parchi nazionali? Che senso ha, di fronte a queste nuove tecnologie invasive, la categoria di wilderness, di natura selvaggia, di paesaggi naturali da preservare? Quando i semi modificati invadono la terra, come si fa a tracciare una linea di confine, un perimetro di parco? […]”
Inquinamento e piogge acide non hanno confini, non esistono guardie forestali e recinti in grado di fermarle e di arrestare il degrado del nostro ambiente. La dimostrazione sta nel fatto che le aree protette in Europa si sono moltiplicate a partire dalla fine degli anni ’80, eppure la situazione non sembra migliore di prima.
Da questa semplice constatazione critica, Perna ricava l’idea che occorre un pensiero capace di mettere in discussione ciò che nella nostra civiltà sembra indiscutibile e quasi naturale: “La forza del «pensiero unico» è che non si presenta come una nuova ideologia – cioè come l’espressione degli interessi materiali di una élite – ma come un ideale modello di vita per tutti. L’idea trainante,come dice Latouche, è lo «sviluppo» […]”
“Se poi questo modello rivela la sua insostenibilità, come ahinoi accade, basta qualificarlo meglio e chiamarlo «sviluppo sostenibile» continuando a fare le cose di prima e magari anche peggio […]”
Qual è allora il compito di un parco? Non quello di contribuire a mitigare il modello dello sviluppo = crescita, sedando gli approcci critici alternativi a questo, né quello di contribuire a drenare risorse finanziarie in favore di aree marginali per arginarne l’ineluttabile spopolamento. L’idea è invece quella di sviluppare una visione comune a livello locale, utilizzando un approccio strategico che contribuisca a definire insieme delle priorità. “Ma per fare questo si deve prendere coscienza del fatto che qualunque sintesi o lettura unitaria di un territorio è una questione politica, nell’accezione più alta del termine: come arte del possibile governo della polis.”
Riappropriarsi dell’arte del possibile e di un’idea di governo implica la valorizzazione dell’autonomia, della responsabilità, di un approccio attento ad accompagnare l’azione all’analisi costante dei vincoli e delle possibilità che in ogni contesto sono presenti. Negli interventi a base locale, il tema dello sviluppo e quello della presenza delle risorse finanziarie si rivelano in un simile approccio delle patacche buone a coprire il vuoto di idee e di partecipazione, la mancanza di autonomia e di coraggio, quando non la malafede di chi è chiamato a responsabilità di governo.

(Antonio Castagna)

Fonte: Animazione Sociale, agosto – settembre 2005, pp. 3 - 10