di Antonio Castagna / scritto il 27-09-2005
Lo scrittore cileno Carlos Franz, in un articolo su “La Tercera”, Il lento cammino verso la democrazia, pubblicato da “Internazionale” del 23 settembre 2005, approfitta della recente riforma alla costituzione cilena del 1980 per ripercorrere il cammino della democrazia cilena.
La tesi di Franz sulla cosiddetta transizione è che sia stato un periodo importante per il Cile, perché ha obbligato le persone a interrogarsi su se stesse e sul paese. “Poco a poco, destra e sinistra hanno preso coscienza di aver condiviso alcune responsabilità nella caduta del governo di Salvador Allende e nella violenta dittatura che ne seguì”.
Anche alcuni miti condivisi da tutto il paese sono stati nel tempo riconosciuti come falsi, come quello del Cile come paese culturalmente vicino all’Europa, con una solida tradizione democratica.
La possibilità di interrogarsi e mettersi in discussione, secondo Franz, è dipesa in buona parte dalla fase cosiddetta di transizione, che ha impedito di sostituire nuovi miti ai vecchi senza alcun processo riflessivo in mezzo: “Senza la consapevolezza che la transizione ci ha obbligato ad avere ci saremmo già abbandonati al consumismo. […] La transizione, per i conflitti etici che ci ha costretto ad affrontare, è stata una delle nostre poche «armi di resistenza culturale di massa» contro l’inganno materialista contemporaneo”.
L’aspetto interessante della tesi di Franz è che la dilatazione temporale e il fatto di non avere a disposizione nuovi miti e nuove narrazioni di pronto uso, costringe a sostare e a interrogarsi, il che vale sia a livello individuale che collettivo. La sosta, che in Cile dura da venticinque anni, acquista così il sapore della ricerca. Franz stabilisce in questo modo uno stretto legame tra il passato e la costruzione del futuro di un paese.
Il buon funzionamento delle istituzioni dipenderebbe in buona parte “dalla capacità di affrontare con serietà il nostro passato. Così come non ci sono istituzioni senza cittadini che le sostengano, non c’è neanche un sentimento di cittadinanza senza coscienza e conflitto storico. In questo senso, la transizione è stata un vero e proprio «corso nazionale di educazione civica» nel quale (per fortuna) nessuno di noi si è ancora laureato”.
(Antonio Castagna)