Il 6 aprile del 2004 ricorreva il decimo anniversario del genocidio in Ruanda. Philip Gurevitch si interroga sul rapporto tra il dovere di ricordare e il bisogno di dimenticare. / scritto il 05-05-2004
Il 6 aprile del 2004 ricorreva il decimo anniversario del genocidio in Ruanda.
Philip Gurevitch si interroga sul rapporto tra il dovere di ricordare e il bisogno di dimenticare.
Il punto di partenza è una frase sentita da Claude Dusaidi, commissario politico del Fronte patriottico ruandese (Fpr): “ci deve essere una qualche forma di giustizia in questo paese prima di poter cominciare a dimenticare”. Gurevitch fa notare che il confine tra ricordo e rancore è molto sottile e che alla radice della vendetta c’è il ricordo. La memoria cioè può diventare una malattia.
Essa è fatta di oblio e di conservazione, per questo è inevitabilmente selettiva. La difficoltà sta nel fatto che non è possibile tracciare alcuna linea a priori, implica la scelta e con questa l’impossibilità di dire una volta per sempre “mai più”, espressione che somiglia più a un talismano che a un’azione preventiva. “È una fantasia da intellettuali quella di pensare che la consapevolezza preceda l’azione in una traiettoria coerente”.
Fonte: Il peso della memoria, “Internazionale”, 30 aprile 2004.
(Antonio Castagna)